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  Marco Boato - attività politica e istituzionale
   

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Trento, 12 aprile 2006
«HIGHLANDER» BOATO INGRANA LA SESTA
Ma annuncia: «Sarà l’ultima legislatura.
In questi cinque anni prepariamo la successione».
Il sogno: «Sottosegretario alle riforme istituzionali.
Ma mi basta anche restare capogruppo».

Intervista a Marco Boato del Trentino di mercoledì 12 aprile 2006.

Ha saputo di avercela fatta alle 4 della notte, avvisato della buona novella dal suo amico Giorgio Pedrotti, un mago dei sistemi elettorali: «Marco, guarda che sei dentro, grazie al premio di maggioranza nazionale all’Unione». In quel momento, come in “Sliding doors”, è finita la sequenza di Boato che dal 29 aprile torna ad insegnare sociologia a Padova ed è ricominciato un film già visto sei volte: Boato che va a Roma a fare il parlamentare. Con una promessa («Sarà la mia ultima legislatura») e un sogno («Fare il sottosegretario alle riforme»). Certo ne sono rimasti pochi, alla Camera dei deputati, con la sua esperienza: è in Parlamento dal 1979, con due interruzioni, dall’83 all’87 e dal ’94 al ’96. Stavolta ha rischiato grosso: è eletto con appena 25 mila voti ottenuti dai Verdi. «Siamo stati penalizzati dall’effetto-traino di Prodi con l’Ulivo. Ma per me è comunque una grossa soddisfazione».

«Dentro di me ero preparato ad un’eventuale sconfitta – ammette Boato, l’inaffondabile – ma ero sereno. Non ne avrei fatto un dramma. Scaduta l’aspettativa, il 28 aprile, sarei tornato a fare il ricercatore a Padova».
È andato a dormire alle 5, si è svegliato alle 7, perché aveva l’appuntamento quotidiano con la ginnastica a Villa Igea, dopo l’infortunio alla gamba sinistra. Da quattro giorni è tornato a camminare senza stampelle. Questa elezione al fotofinish sarà una bell’iniezione di fiducia.

È l’highlander. L’unico sopravvissuto fra tutti i parlamentari trentini della scorsa legislatura.
«Sopravvissuto è una parola esagerata – ribatte –. Anche a me è capitato di non essere rieletto o nemmeno ricandidato. Una seconda opportunità può sempre capitarti. Basta prenderla con lo spirito giusto, come hanno fatto Gigi Olivieri e Renzo Michelini, che continuano a darsi da fare con grande generosità».

Rieletto grazie al seggio in più spuntato per questa circoscrizione?
Non credo di essere io quell’undicesimo eletto, penso si tratti di Bezzi. Gliel’ho anche detto, stamattina. Lui non ci voleva credere...

Eletto comunque grazie al premio di maggioranza conquistato dall’Unione alla Camera. In un certo senso, deve dire grazie al «porcellum» di Calderoli.
Già, se ne andarono per sconfiggere e se ne tornarono sconfitti. In filosofia si chiama eterogenesi dei fini.

Ma come mai ha dovuto penare così? I Verdi partivano da uno strepitoso 8,3 per cento alle europee del 2004. Vi siete ridotti alla metà, il 3,9. Come lo spiega?
Ci ha penalizzato l’effetto-traino di Prodi capolista dell’Ulivo. In Alto Adige la gente vota l’Unione-Svp al Senato (il nostro Schedereit ha preso uno strepitoso 21% nel collegio di Merano) e poi di nuovo il simbolo dell’Ulivo alla Camera. Era un problema che avevo sollevato, a febbraio, in una riunione di maggioranza a Bolzano.

È vero che questa sarà la sua ultima legislatura a Roma?
Sì, in campagna elettorale ho detto che mi sarebbe piaciuto, dopo cinque anni da presidente di un gruppo d’opposizione, che sono stati durissimi, provare a fare la stessa esperienza da capogruppo di maggioranza.

Sempre del misto? I Verdi hanno eletto 15 deputati, quindi non potranno stare da soli.
Sì, come la Rosa nel pugno, i Comunisti italiani, l’Italia dei valori, l’Udeur, le minoranze linguistiche Svp e della Valle d’Aosta.

Ma potrebbe anche puntare più in alto. Ad esempio, sottosegretario.
Mi piacerebbe, anche questo l’ho già detto, fare il sotto segretario alle riforme istituzionali. O il presidente della commissione affari costituzionali. Ma per questo incarico c’è una sorta di prenotazione del mio amico Gianclaudio Bressa, che appartiene ad una lista più grande della mia. Fra noi non ci saranno problemi. Ci siamo sentiti anche stamattina per scambiarci i complimenti. Tornando alla sua domanda di prima, credo che adesso avremo cinque anni anche per preparare, nei Verdi del Trentino-Alto Adige, il mio «successore», che non so se sarà di Trento o di Bolzano. Ma io credo che, chiunque sarà, dovrà prepararsi all’impegno, perché io non credo al professionismo della politica ma alla professionalità sì. E la professionalità si acquisisce sul campo. Io non apprezzo quei politici che sparano contro i politici ed esaltano la mitica società civile fine a se stessa. Sarebbe come affidarsi per la cura dei denti ad uno che dice di odiare i dentisti.

Alla fine, con lei, il centrosinistra in Trentino-Alto Adige ha avuto 13 eletti su 18. Mica male, rispetto allo scenario che si poteva intravedere lunedì sera.
Il risultato degli eletti è ottimo. Otto era il massimo che potevamo pensare di fare, alla Camera, con questa assurda legge elettorale. Invece non è buono il risultato della coalizione in termini di voti. Abbiamo perso il collegio senatoriale di Pergine, che comunque avevamo perso anche nel 2001 e nel 1996. Ma anche Tonini, pur eletto, è rimasto al di sotto del 50%, lontano dai risultati di Pacher o anche di Kessler cinque anni fa. Mi dispiace tanto per Beppe, ma penso che lui e Tonini abbiano sbagliato completamente la campagna elettorale.

In che senso?
Nel senso che non hanno mai coinvolto gli altri partiti dell’Unione, in nessuno dei loro appuntamenti. A differenza di Molinari, che infatti è stato l’unico a superare la soglia del 50 per cento.

 



Eletto la prima volta
nel 1979 pochi hanno
la sua anzianità

Sono pochi i parlamentari che possono competere con Marco Boato in quanto ad «anzianità di servizio». Il nostro è alla sesta legislatura. La sua prima elezione risale addirittura al 1979, proprio come il diessino Luciano Violante, che però ha una legislatura in più. Ma nessuno può competere con un Ciriaco De Mita che e stato rieletto per l’Ulivo in Campania e la cui “prima volta” risale al 1963, la bellezza di 43 anni fa.
Lo stesso Massimo D’Alema è un novellino, in confronto a un Boato: il presidente dei Democratici di sinistra fu eletto per la prima volta alla Camera nel 1987, e nella scorsa legislatura si dimise per passare al Parlamento europeo (ma ora rientra).
E alla sesta legislatura, come Boato, anche Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, ma entrò per la prima volta a Montecitorio nel 1983. Idem per Gianfranco Fini, presidente di Alleanza nazionale.
Boato è stato deputato indipendente nelle liste radicali dal 1979 al 1983, senatore Psi-Psdi-Radicali-Verdi dal 1987 al 1992, deputato dei Verdi dal 1992 al 1994, deputato dell’Ulivo dal 1996 al 2001 e poi dal 2001 al 2006, entrambe le volte eletto a Rovereto.

  Marco Boato

MARCO BOATO

BIOGRAFIA


  

vedi anche:
elezioni politiche
9-10 aprile 2006

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